Pioniere e rivoluzionarie. Donne anarchiche in Spagna 1931 – 1975

Vega, Eulàlia.  Milano, Zero in Condotta, 2017

Non volevano solo l’emancipazione dal secolare sfruttamento, materiale e culturale, a cui era sottoposto il proletariato spagnolo, ma anche, e forse soprattutto leggendo le loro testimonianze, la liberazione da quello stato di secolare sudditanza nel quale erano tenute le donne, madri, mogli, figlie, nella società patriarcale e profondamente maschilista che caratterizzava la realtà sociale della Spagna del secolo scorso. Un impegno totale, quotidiano, inscindibile dalla condizione proletaria che le caratterizzava, quello delle undici donne, undici fra le tante protagoniste dell’universo femminile rivoluzionario iberico di allora, intervistate con l’affetto della compagna di ideali ed il rigore della studiosa da Eulàlia Vega, specialista di storia dell’anarcosindacalismo spagnolo.

Il soggetto di questo suo libro è infatti quel complesso universo femminile che nel corso del ventesimo secolo ha avuto, nell’ambito del vasto mondo solidale dell’anarcosindacalismo spagnolo, un protagonismo ed un’importanza difficilmente riscontrabili in altre realtà sociali: un protagonismo non succube delle contraddizioni poste dalla oggettiva e ben sedimentata tradizione “maschilista”, presente anche all’interno dell’anarchismo, anzi, determinato al loro superamento, un’importanza speciale per essere finalmente riuscito a porre prepotentemente la questione di genere al centro del grandioso progetto della trasformazione rivoluzionaria e della creazione di un mondo nuovo.

Nel corso di una lunga frequentazione non sempre facile ed agevole (anche per l’età estremamente avanzata delle intervistate, tutte intorno ai novant’anni), Eulàlia ha raccolto le testimonianze di undici donne protagoniste di primo piano di una straordinaria esperienza rivoluzionaria concretizzatasi spesso in molteplici ed eccezionali forme organizzative quali, ad esempio, la FIJL e Mujeres Libres. Naturalmente non tutte queste esperienze sono sovrapponibili, perché, come si può leggere nella ricostruzione delle singole vicende, ognuna presenta le proprie particolarità; eppure tutte hanno in comune quei tratti originati dalla medesima aspirazione a un radicale sovvertimento della condizione femminile e alla sua emancipazione da secolari pesanti pastoie sociali e culturali. Per tutte loro sono determinanti le giornate del luglio 1936, quando il proletariato anarcosindacalista, catalano ma non solo, ferma il golpe franchista sulle barricate barcellonesi.

Sia che fossero già militanti, sia che abbiano iniziato in quei giorni ad agire e lottare sulla strada dell’emancipazione, il 19 luglio è il discrimine, è l’ante da cui si svilupperà il post che le accompagnerà tutta la vita. Le vediamo infatti arruolarsi nelle milizie e combattere al fronte, impegnarsi con i loro compagni in fabbrica e sui posti di lavoro nelle lotte sindacali, conquistare la propria indipendenza staccandosi dalla famiglia – anche se una famiglia di militanti rivoluzionari – trasformare quella che avrebbe dovuto rimanere una presenza di secondo piano in una partecipazione attiva e paritaria con quella dei “loro” uomini, affrontare le grandezze e le tragedie della straordinaria avventura libertaria spagnola. Eccole non deflettere, mai, dall’impegno e dalla lotta, consapevoli che l’adesione totale all’ideale di emancipazione avrebbe potuto comportare anche sofferenze, delusioni, separazioni drammatiche, lutti e violenze. Cose che tutte, purtroppo, hanno dovuto sperimentare.

Eppure, nonostante l’importanza del loro ruolo e delle loro esistenze, a lungo, come scrive nel suo bel prologo Anna Aguado “anche nelle culture operaie si è data una situazione di doppia invisibilità delle donne: tanto per la subordinazione di genere esistente anche nelle classi lavoratrici quanto per l’estesa credenza che esse fossero ‘militanti secondarie’ al punto che tradizionalmente le loro azioni e strategie di resistenza sono state ignorate”. Infatti, solo negli ultimi tempi si è sviluppato un versante storiografico inteso a ricostruire e rivalutare appieno, a fianco ma non dietro rispetto a quella maschile degli esponenti in vista del movimento anarchico ed anarcosindacalista spagnolo, la presenza di queste miliziane, di queste operaie e agitatrici, di queste semplici artigiane o profonde intellettuali, che non solo si impegnarono individualmente ma seppero dare vita a una struttura organizzativa unica come quella delle Mujeres Libres. Che già nel nome, Donne Libere, privo di qualsiasi pomposa retorica, riesce, nella sua grandiosa semplicità, ad evocare un progetto di trasformazione assoluta.

In questo libro, risultato, come si è accennato, di anni e anni di lavoro, di interviste, di “inseguimenti” e felici incontri, Eulàlia Vega non si è limitata, a ragion veduta, a ricostruire delle vicende storiche che, anche se arricchite dai ricordi e dalle ricostruzioni delle protagoniste, sono già ampiamente note – la letteratura sulla guerra civile spagnola, sul franchismo e sul post franchismo, è vastissima se non sterminata – ma si è dedicata, con ottimi e importanti risultati, a ricostruire lo spirito, l’essenza intima di quelle esperienze straordinarie, affiancando ai fatti le emozioni. Infatti il suo maggior merito, fra i tanti altri, è quello di mostrarci non solo la Storia ma anche e soprattutto cosa queste storie abbiano significato per coloro che ne sono state protagoniste, l’aver saputo restituirci, cioè, le loro sensazioni, emozioni, sensibilità.

Tenendo opportunamente in considerazione tanto la sfera pubblica quanto quella privata, l’autrice ha sfruttato con maestria le opportunità che, nella loro immediatezza, le fonti orali offrono a differenza delle memorie scritte, privilegiando così “la restituzione dell’atmosfera di quell’epoca, dei vissuti e delle emozioni di fronte a determinati eventi concreti”. In questo, a mio parere, sta l’originalità di questo lavoro, la sua specificità. Nei loro racconti, infatti, nei ricordi, nelle testimonianze, c’è la trasmissione al lettore di un irripetibile epos, di quell’entusiasmo rivoluzionario nato in chi aveva fermato il golpe franchista, ma anche il ricordo della sconfitta, del carcere, dell’esilio, tanto quello esterno in Francia e altrove, quanto quello, forse ancor più doloroso, di chi doveva nascondersi alla repressione fascista.

Per finire, voglio ricordare i nomi di queste compagne spagnole, rimandando alla lettura del libro, le loro straordinarie biografie: Sara Berenguer Laosa, barcellonese nata nel 1919, Joaquina Dorado Pita, nata a La Coruña nel 1917, Antonia Fontanillas Borrás, anch’essa barcellonese del 1917, Isabel González Sugranyes, nata a Reus classe 1920, Concha Guillén Bertolín, del 1919 nata a Alfondeguilla, Julia Hermosilla Sagredo, nata nel 1916 a Sestao, Pura López Mingorance, nata a El Chorro nel 1920, Concha Liaño Gil, nata a Parigi nel 1926, Aurora Molina Iturbe, barcellonese del 1920, Conxa Pérez Collado, sempre barcellonese del 1915, Gracia Ventura Fortea, del 1918 nata a Borriana.

Massimo Ortalli

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